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PETRONÀ, APPLAUSI A IOSA PER IL POLIZIOTTO RENATO CORTESE
Data pubblicazione : 08-05-2011
Nella nostra derelitta terra c’è un annoso fenomeno che arreca danni anche quando non fa rumore: la ‘ndrangheta. La medicina è presto detta: la prevenzione.
Nel piccolo paese presilano la lotta alla ndrangheta non è né di destra e né di sinistra, sta dalla parte dei cittadini onesti.La scuola di Petronà, ieri mattina in palestra, ha organizzato il VI convegno
sulla legalità sul tema “Più istruzione, meno criminalità”.L’ha fatto per sostenere l’altra Calabria, quella che spera, quella che ogni giorno costruisce speranze. Un incontro a più voci, tutte pensate per dire la stessa cosa: no all’equazione Calabria uguale ‘ndrangheta.Dietro il tavolo dei relatori uno che la sa lunga nell’azione di contrasto sia a Cosa nostra sia alla ndrangheta: l’acchiappalatitanti Renato Cortese.E’ il poliziotto che ha messo le manette ai polsi al boss della ‘ndrangheta Giovanni Strangio e ha contribuito a interrompere la decennale latitanza di Bernardo Provenzano. Due nomi che, da soli, valgono una carriera, ma che vanno aggiunti a quelli di Giovanni Brusca, Giuseppe De Stefano, Gioacchino Piromalli (e tutto il suo clan), Rocco Gallico, Achille Palmi e tanti altri come Gaspare Spatuzza, Pietro Aglieri e Benedetto Spera o Salvatore Grigoli, accusato dell’omicidio di Don Pino Puglisi.Il capo della squadra mobile di Reggio Calabria ha la capacità comunicativa propria solo di chi è conscio del ruolo che riveste.Rispondendo alle domande dei ragazzi, ha asserito: “ Nella lotta alla criminalità non pagano le parole, ma i fatti. Vado nelle scuole perché le cose cambiano se a cambiare sono le nuove generazioni. La ‘ndrangheta ci vuole ignorante, amorfi, pertanto la cultura spaventa. Ci sono paesi in Calabria dove non c’è libertà, dove c’è chi decide anche a chi votare e lo impone con la forza, dove non sei libero di chiamare chi vuoi per tinteggiare o ristrutturare casa. La Calabria deve fare come la Sicilia dove c’è stato un risveglio delle coscienze e quando, dopo otto anni di indagini, abbiamo arrestato Provenzano, lo hanno insultato. Tanti dicevano che Provenzano era morto, trovarlo è stata una emozione indescrivibile: quando lui è diventato latitante, io non ero ancora nato. D’acchito pensava ad altri mafiosi, dopo ha capito che eravamo poliziotti e dimostrandosi mite voleva comunicare che il capo restava sempre lui anche se in carcere. In Calabria serve sì la società civile, serve però più Stato. Si pensi che in un anno e mezzo abbiamo sottratto ai mafiosi 200 ville già confiscate e mai prese, continuavano a starci loro. Un paradosso.”Cortese ha indicato “ nella zona grigia, nei colletti bianchi il nemico invisibile da vincere” per poi svelare altre aneddoti, uno più interessante dell’altro sulla mafia più potente del mondo: “ Arrestando qualche anno fa 200
criminali, operazione “Il Crimine” abbiamo appurato che la ndrangheta ha la sua cupola, la provincia, che comanda, comanda quella della provincia di Reggio Calabria. Ci sono boss che impongono le loro decisioni in tutto il mondo. Cocaina e appalti: questa è la ndrangheta. I criminali anche in Calabria possono essere minoranza, ma serve una politica trasparente perché a volte mafia e politica si confondono: gli ultimi arresti lo confermano. Lo Stato deve far sentire la sua presenza, in un territorio dove basta una telefonata per trasformare in spacciatore anche chi spacciatore non lo è. Amo fare il poliziotto, è un mestiere bellissimo, è non mi sento un eroe, faccio solo il mio dovere, sperando in una Calabria migliore, lo merita la sua gente.”Prima dell’oratore originario di Santa Severina hanno proferito parola anche il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Petronà Antonio Mazza, il parroco Don Giorgio Rigoni e l’assessore alla cultura Giovanni Folino.Il preside ha detto che “ la legalità deve partire dalla scuola che però non può fare da sola”, il parroco di origini venete ha invitato i giovani “a non lasciarsi irretire dalle false illusione, dalle false promesse, dai guadagni facili, a non fare branco, ma a essere persone che rispettano gli altri”, mentre Giovanni Folino, stimato assessore alla cultura del Comune, ha ricordato, prima di lanciare un applauditissimo video, quanto Petronà ha fatto per formare nei giovani una coscienza civile, aggiungendo che “la moralità non si strombazza, ma si pratica quotidianamente, senza indifferenza”.Non solo pertanto repressione, ma anche una politica di prevenzione: non è per una mera casualità che a Petronà ci siano stati i ragazzi di Locri, Giovanni Impastato, Salvatore Borsellino, Maria Falcone, il giudice Emilio Ledonne.Il buonsenso vuole che se il dentifricio esce dal tubetto non può poi fare il percorso inverso: tanto vale vederle prima le conseguenze.Il VI convegno sulla legalità, moderato dalla giornalista Antonella Scalzi e promosso dalle associazioni Diapason, Insieme onlus e biblioteca popolare del volontariato, ha avuto due belle digressioni con i lavori del concorso scolastico sui 150° dell’unità d’Italia e con la bella statura di Carlo Alberto Dalla Chiesa ideata dall’artista Filippo Marchio.Ancora una volta Petronà dice di no alla ndrangheta.
Enzo Bubbo
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