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Il Comune si fa un bel regalo a pochi giorni dal Natale:  la sede dell’ex  società di mutuo soccorso è di sua proprietà. Lo si è detto e ratificato  nell’ultimo Consiglio comunale.  C’è dietro un valore economico, c’è dietro un grande valore affettivo. Dal lontano 1881, la società  fu a Petronà un sodalizio importante di tipo mutualistico e assistenziale con tanti adepti, ora è solo un immobile, ma non una casa qualsiasi. Pare che lì abitasse Pietro da cui è nato il nome Petronà, è  certo che è stata la prima casa del paese dei funghi e delle castagne. Una bella storia di filantropia macchiata da anni di incurie, negligenze, di una miope burocrazia.

Una vertenza che somigliava molto a una matrioska, una difficoltà seguiva l’altra senza addivenire a una soluzione nell’interesse dei petronesi. Ora è tutto cambiato, ora il maltolto è ripreso e presto restituito ai cittadini. Il primo cittadino Santino Bubbo ha speso belle parole sul nuovo bene comunale: “Dopo la palestra e il palazzo Colosimo, metteremo mano anche alla società di mutuo soccorso. E’ memoria e va protetta perché comunica cose importanti. Le società di mutuo soccorso sorsero durante il Risorgimento. Nel nostro paese aveva 400 soci. Facevano sottoscrizioni per aiutare gli indigenti, gli ammalati.” L’acquisizione della prima casa di Petronà è stata votata non solo dalla maggioranza, ma anche dalla minoranza. C’è già il finanziamento per recuperarla e poi decidere  in che modo utilizzarla.

Altro argomento, altro voto unanime dell’ultimo consiglio comunale del 2009. Su proposta del consigliere di minoranza Vincenzo Mazzei, anche presidente Uncem Calabria, il civico consesso petronese, diretto dal presidente Mario Scalzi, ha preso le distanze dallo schema di disegno di legge, presentato  dal Ministro per la semplificazione Roberto Calderoli, che propone la soppressione delle Comunità montane e individua  nuove funzioni  per le Province e Comuni.

Fosse per i politici petronesi, la proposta sarebbe già bocciata: non piace perché si crede che  l’imperativo è solo quello di fare cassa, mettendo in serie difficoltà i piccoli comuni, già vessati dal mancato incasso dell’Ici e dal taglio dei trasferimento.

Enzo Bubbo